Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce.
La scelta di lavorare con e per i bambini è soprattutto una scelta di cuore.
Credo fortemente che chi ha un ruolo nell’ambito educativo non possa operare a prescindere da una forte ed intrinseca motivazione, sostenuta dalla formazione professionale specifica, dai valori interiorizzati nel proprio personale percorso di vita e di crescita e da un’innata ottica possibilistica.
Proprio quest’ultima risorsa è fondamentale per noi operatori del settore educativo, in quanto è la spinta energetica che ci permette ogni giorno di interfacciarci con bisogni, vissuti e difficoltà diversi e di credere che tali bisogni possano essere soddisfatti, che i vissuti possano essere condivisi e che le difficoltà evolutive possano essere superate con esito positivo.
Sono ormai diversi anni che, grazie alla scelta fatta tempo fa, ho la possibilità di accogliere bambini di diverse fasce di età e di condividere con loro un “pezzettino” del loro percorso di crescita. La meraviglia di questo lavoro è proprio legata al fatto che “non è mai la stessa cosa”, ogni bambino incontrato e conosciuto è un universo originale di scoperte e di sorprese che mi fanno sentire felice della scelta fatta, consapevole che per una come me, che ha bisogno di continui e nuovi stimoli, di mettersi sempre in gioco, di vedere fino a che punto è possibile arrivare, è stata la scelta giusta.
Credo con tutta me stessa nella forza del cambiamento positivo e con una buona dose di cocciutaggine applico questa logica di fronte ad ogni difficoltà. Ma l’esito positivo di ogni intervento non è una questione di testa, la tecnica da sola non basta, il sistema applicato senza amore rimane sterile o produce poco frutto. L’ingrediente fondamentale, in tutto ciò che facciamo, è la FIDUCIA AMOREVOLE nell’intervento educativo i cui frutti non sono mai visibili nell’immediato, ma richiedono tempo, pazienza, coraggio e, perché no, una buona dose di sana follia che porta a sperare anche laddove sembra che non ci siano speranze.
Ogni bambino chiede innanzitutto di essere accolto. Accogliere significa essere pronti a far entrare dentro di sé parte del mondo altrui per condividerlo senza pregiudizi o barriere, per osservarne pregi e criticità, per prendere coscienza di quali sono i punti di partenza e quali le possibilità di arrivo. Bisogna sviluppare una capacità di ascolto profondo ed empatico dell’altro nei suoi bisogni, siano essi cognitivi, emotivi o relazionali. I bambini ogni giorno si rivolgono a noi portando con sé il loro mondo, sono tante e varie le situazioni e non è mai scontato il percorso da intraprendere.
Nel tempo ho potuto osservare bambini che, con definita autostima e crescente autonomia, hanno sviluppato quasi naturalmente le proprie competenze, raggiungendo facilmente i traguardi necessari. La sensazione che accompagna questi percorsi, caratterizzati da una “naturale evoluzione positiva”, è quella di un intervento funzionale al rafforzamento di una realtà che ci si presenta già predisposta ad un esito felice ed è allora facile, in questi casi, avere la predetta fiducia nell’intervento educativo.
Poi ci sono bimbi che ci pongono richieste specifiche perché necessitano di essere “allenati” nelle loro competenze, chi nella capacità di ascolto, chi nella comprensione piuttosto che nell’attenzione e nella concentrazione durante lo svolgimento di un compito. Ci sono bimbi che necessitano di essere aiutati a rafforzare la propria autostima e la fiducia nelle proprie capacità, bimbi che hanno bisogno di conquistare una sicurezza ed un’autonomia soprattutto emotiva e di trovare il coraggio di aprirsi all’altro e di esprimere sé stessi con gioia perché ognuno di noi, nella sua singolarità, costituisce un tesoro unico ed irripetibile.
Ci sono poi bimbi che, per vissuti personali e/o motivi strutturali, “fanno fatica”, mettono alla prova certezze metodologiche acquisite, richiedono una destrutturazione di ciò che prima sembrava ovvio ed una ristrutturazione dei propri modi di vedere, di agire, di sentire.
Nei casi più impegnativi può capitare che quella importante sicurezza nella funzionalità dell’intervento educativo possa essere messa in crisi. Possono esserci momenti in cui, a noi operatori dell’educativo, è richiesto di guardarci dentro e di guardare ancora, sempre di più, per un ascolto profondo e nello stesso tempo epidermico dell’altro, del suo mondo, della richiesta di aiuto che ci pone. Lavoro introspettivo e relazionale non semplice, faticoso, ma necessario. E’ con questa capacità di “sentire” che si può “vedere” quello che l’altro ci chiede. Ma questo è solo il primo passo. Per proseguire è necessario recuperare quella “fiducia amorevole” senza la quale non potremmo sostenere, aiutare, accompagnare. Non è importante “quanto” si fa, ma “quello” che si fa e “come si fa”, è importante la qualità dell’agire che non può prescindere dal fatto di credere fortemente nella possibilità di un’evoluzione positiva. Il percorso non sempre è lineare, può essere caratterizzato da momenti di evoluzione, arresti, involuzioni e poi di nuovo crescita positiva. Ma quello che ci porta giorno dopo giorno ad operare con costanza è la certezza fiduciosa che ogni nostro intervento favorisce un passo verso la maturazione ed alla fine tutti questi passi avranno costruito una strada portante a dei frutti. Credo sia questa la linfa vitale del nostro lavoro perché non c’è esperienza più bella del poter constatare che grazie alla fiducia data alla vita che ci si presenta di fronte, quella vita è stata fortificata, è cresciuta, ha maturato frutti ed un bagaglio di risorse che porterà sempre con sé. Per tali ragioni sostengo con forte convinzione che “l’amore vince sempre”.
Elisabetta
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